Ondivaga procedo
tra echi di tacchi a spillo
e ansiti nel buio
celebrando
epifanica resa
in orizzontali tanghi.
Baci lenti dalla fine incerta:
ciò che resta del mio angelo carnale.
Ondivaga procedo
tra echi di tacchi a spillo
e ansiti nel buio
celebrando
epifanica resa
in orizzontali tanghi.
Baci lenti dalla fine incerta:
ciò che resta del mio angelo carnale.
Lampeggia il cellulare al buio
come il cielo di un temporale estivo,
desiderio in dimensione irrealizzata.
Sguardi trafiggono sguardi
disintegrando decenni e promesse.
Parossistica seduttività
assapora silente
imprescindibile trionfo.
Avvolta dalle spire acquamarina del tuo sguardo, torno nel mondo indossando te.
Siamo il silenzio che culla i nostri ansiti, carnale epifania tra cortine di tenebra.
Tripudio cromatico in armonia dissolvente.
Devastante perfezione esige incondizionata resa.
“Che abito scegliere? E quale lingerie? Dopo avere accompagnato a scuola Ortensia e ringraziato tra sé e sé l’esistenza della scuola a tempo pieno, era rincasata per prepararsi. La sua assenza, ufficialmente, era dovuta a una seduta al centro estetico per massaggi, ultrasuoni e pressoterapia, mentre invece si sarebbe recata all’incontro su cui aveva con intensità vagheggiato. Quella mattina Adriano l’avrebbe attesa presso l’hotel Aura, lei sarebbe arrivata poco dopo a bordo della propria vettura. Si spalmò il corpo di crema alla vaniglia e spruzzò il suo profumo preferito che ne richiamava l’aroma nelle note di coda. Optò per un completo intimo di seta nera con inserti in pizzo, su cui indossò un reggicalze nero e le calze in tinta. Riteneva che la calze valorizzassero le gambe assai meglio delle autoreggenti: queste ultime, infatti, nonostante la striscia in silicone, finivano sempre per stringere, con effetto dannoso per la circolazione e poco gradevole alla vista. Un sobrio abito in maglia nero, lungo fino al ginocchio, morbido e dal collo a ciambella, venne abbinato a un paio di scarpe in camoscio nero, con cinturino e tacco a rocchetto. Da ultimo, il cappotto nero damascato con le maniche a tre quarti, l’acquisto che le aveva permesso di conoscere Adriano.”
Brano tratto da: “Mulini neri” di Nina Vanigli, Eroscultura editore, 2016.
Tu che mi smuovi il sangue, pelle ambrata e sguardo trasparente. Labbra morbide dalla consistenza indimenticabile percorrevano inquiete il mio corpo fino ad arrivare alle mie, e il duello delle nostre lingue era una danza. Posavo la mano sulla tua mandibola per goderne il movimento lento, speculare, prendendo insieme quota nel respiro. Una parete a cui addossarsi, un muro nel buio, mani nervose e corpi oscillanti. Anime intrecciate e ombre che non scompaiono al sopraggiungere della luce.